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La parola a Silvio Soldini

Negli ultimi trent’anni il cinema è molto cambiato. A livello produttivo, di pubblico, di fruizione… Con nuove possibilità venute dalla tecnologia, ma anche con budget sempre più ridotti, tempi sempre più risicati, la scomparsa delle sale dai centri urbani…  Vedere un film su un computer o su un tablet è diventata la norma, ma non è la stessa cosa che su uno schermo, in una sala piena di persone che condividono una “magia”, com’era un tempo. È un po’ tutta la realtà che viviamo quotidianamente ad aver subito un cambiamento radicale e in così poco tempo, me ne rendo conto. Ma c’è un aspetto, specifico di questo mestiere, che per me rappresenta il cuore del fare cinema: il lavoro d’equipe. Un film non lo si fa da soli – come si dipinge un quadro, come un libro – e di film in film mi accorgo sempre più di quanto questo sia bello e vitale. Di come sia difficile e importante saper lavorare creativamente insieme ad altri, saper collaborare, saper accogliere, imparare, decidere, modificare… Ogni film, non bisogna mai dimenticarlo, è per prima cosa il risultato di un lavoro insieme ad altri, in cui ognuno lascia il suo segno. Potrà cambiare tutto, ma questo no.

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